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( Recensione di Giuseppe Piluso )
Titolo: “Il cappello di camoscio”.
Autore: Alessandro Furlan.
Casa Editrice: ‘Visystem”.
Pagine : 117
Luogo: Portogruaro (VE).
Anno: (Agosto) 2021.
Appena ho iniziato a leggere questo libro, mi ha talmente coinvolto che ho continuato fino all’ultima pagina, tutto di un fiato; mi ha fatto meditare su situazioni di vita, quale la situazione degli orfani, negli istituti e sull’adozione, che diventa il riscatto della libertà dando inizio ad una nuova esistenza del bambino o bambina adottata.
Il libro di Alessandro Furlan è autobiografico, il racconto dei sentimenti e la formazione di un uomo, che da piccolo fu affidato dalla madre all’orfanatrofio Santa Maria della Pietà a Venezia; fin dalla nascita avvenuta il 21/3/1967.
Nel giorno 12/10/1971 fu adottato da Augusto ed Andreina Furlan, una coppia meravigliosa che lo hanno reso fiero di essere loro figlio. Alessandro però ha un cruccio, gli manca “il perché” è stato ceduto dalla mamma biologica; egli pensa che aveva avuto le sue buone ragioni, ma perché non comunicarglielo, magari con una lettera di accompagnamento? Nel frattempo: Amore, fratellanza, altruismo, condivisione sono i valori che gli vengono trasmessi da una signora che trattava il bimbo da ometto ed era diventata la fatina buona.
Andreina ed Augusto diventarono i nuovi genitori e la fatina buona era la nonna. L’incontro con la famiglia d’adozione gli ha cambiato vita, mentre prima il suo orizzonte era rappresentato dal cancello dell’orfanatrofio, in seguito si allargò quando, la mamma gli mostrò la loro casa in mezzo al verde che aveva una estensione di alcuni ettari e che per la prima volta è entrato di una stanza tutta sua. L’avventura continua con la conoscenza dei parenti che diventa una grande festa di accoglienza e di benvenuto. Augusto era un papà meraviglioso come hobby si era costruito un laboratorio dove lavorava il legno perciò lo aveva battezzato “papà Geppetto“. Oggi, sente la mancanza del papà ed anche del nonno che aveva scritto gli eventi salienti della famiglia, ricordandoli con grande nostalgia. Un capitolo a parte, dell’opera lo dedica alla madre Andreina, una maestra che accogliendolo in casa ed in famiglia, aveva fatto si da fargli vincere le paure accumulate in anni di orfanatrofio e facendogli acquistare fiducia negli altri e nella vita stessa. Andreina, nel 2008 si spense a causa di un tumore, fu una grossa perdita per tutti per il padre a cui venne a mancare la sua compagna di vita, e per lo stesso Alessandro al quale mancò la guida che lo aveva fatto crescere nell’umanità e nella bontà. Padre Gaetano e Domingo entrambi due persone generose morte in missione umanitarie, un prete ed un dottore lasciarono un vuoto nell’autore. I suoi genitori erano generosi, silenziosamente facevano del bene senza farsi propaganda, non mostrandosi, ma agendo tramite un parroco aiutarono una famiglia dell’Armenia che con la loro donazione poterono sfamare i propri figli. Il titolo del libro “Il cappello di camoscio “è dovuto ad un episodio di curiosità che ha avuto rovistando nell’armadio del padre; Ha trovato un cappello di camoscio che il padre indossava quando andava in paese, per gioco indossò il cappello indossò una sua cravatta e con la sua pipa in mano ed in questo abbigliamento si mostrò al padre che volle fargli una foto che lo faceva rassomigliare molto a lui, all’uomo più importate della sua vita. La foto è stata, per l’autore, il ricordo più bello che conserva con affetto e con orgoglio. Tutto passa e la vita si evolve, si nasce si cresce si muore, dopo tre anni di lotte per il tumore al fegato Andreina si spense a gennaio del 2008 con coraggio e fede. Dopo pochi anni si addormento anche Augusto sognando di incontrare la sua adorata moglie. L’autore a 44 anni era rimasto senza genitori con l’eredità dei ricordi di una vita vissuta nell’esempio generoso verso il prossimo e di amore per la vita per la famiglia e l’orgoglio di essere il loro figlio.
Vi lascio con questo pensiero: non dimentichiamo che Vero Genitore, con la “G” maiuscola è chi cresce, chi instrada, chi riceve e dà aiuto e conforto nei momenti bui, ma anche in quelli stupendi… non chi solo genera. Mettere il seme di una rosa nella terra è un conto, seguirla e farla crescere affinché sbocci ed emani il suo profumo è un altro!
Giuseppe Piluso