Hanno scritto di me… (2015 – 2017)
Giuseppe Piluso – Titolo Libro: “IL PROBLEMA DEL MALE IN LEIBNIZ”
Recensione di Maria Sergio
Comunemente si sa che l’amore per la conoscenza è meraviglia e ricerca; esso nasce spontaneamente solo in chi sa osare, mettendo in discussione e falsificando ogni certezza. Questo è il caso di Giuseppe Piluso, un “filosofo naturale” cosentino che ha scoperto la sua inclinazione verso la speculazione e la problematizzazione al di fuori degli ambienti scolastici nei quali si è formato. La sua intima e connaturata propensione verso la meditazione filosofica sembra, infatti, contrastare con gli studi e la formazione tecnico-scientifica conseguita prima presso l’istituto Commerciale e poi con la iscrizione alla facoltà di Fisica, abbandonata solo dopo tre esami. Nel 2007 – 2008, iscrittosi alla facoltà di Filosofia, comprende la sua vera attitudine e passione che culmina, nel percorso accademico, con la tesi che qui vi proponiamo “ IL PROBLEMA DEL MALE IN LEIBNIZ”. In questo illuminato scritto emergono una scorrevolezza, una perizia, una competenza, una complessità e una padronanza di linguaggio specifico e di articolazione delle problematiche che di diritto possono annoverarlo tra i migliori saggisti . In questo livre d’essai, specialistico e di grande spessore argomentativo , emerge chiara una riflessione cardine della esistenza umana: “Se Dio esiste perché ha permesso il male e, se Dio non esiste , da dove proviene il bene?” Giuseppe Piluso affronta la quaestio, il “mistero” , attraverso l’analisi impeccabile della Teodicea di Leibniz che, mai quanto oggi, appare moderna: da una parte la verità di fede e dall’altra l’apparenza del male. I temi tipici della giustificazione di Dio, della libertà dell’uomo e dell’origine del male sono affrontati secondo la seguente visione leibniziana: la razionalizzazione del suo intero sistema e l’irenismo della religione naturale. “Il problema del male occupa un posto particolare, rappresentando probabilmente in se stesso, la domanda sul senso morale della vita dell’uomo. ” Se Dio avesse voluto “il mondo perfetto” avrebbe dovuto duplicare se stesso e non avrebbe avuto alcun senso fare ciò. Ma “tra i mondi possibili” ha scelto il meno peggio ( “condizionatezza della volontà divina”) attraverso il quale l’uomo , procedendo dal male metafisico a quello morale fino a quello fisico, mediante la ragione , strumento e mezzo di Dio , oltrepassa l’imperfezione, il dolore, la sofferenza , gli errori , per ottenerne “un bene incomparabilmente più grande del male che ne deriva” . Dio ha creato, mediante il principio di ragion sufficiente , gli uomini liberi e pienamente responsabili delle proprie scelte con la conseguente possibilità di scegliere la sua condotta. “Così come la corrente è la causa del movimento del battello, ma non del suo rallentamento, Dio è la causa della perfezione nella natura e nelle azioni della creatura, ma la limitazione della ricettività della creatura è la causa dei difetti che si trovano nella sua azione”. In questo, ci ricorda il Piluso, consiste il concetto di “Incompossibilità” divina: il discorso antropo-ontologico comprende la essenza e la esistenza umana. In quanto essenza non può essere diversa da ciò che è ed in quanto esistenza può essere modificabile e contingente. “Così si avrà una necessità delle essenze e una contingenza degli esistenti e Dio conoscerà a priori anche il contingente”. La sapiente immagine di Dio quale “orologiaio” di una armonia prestabilita tra le varie apparenti solitudini delle monadi, tutte però sincronizzatre verso una universale comunicazione, ha il compito di evitare la incomunicabilità e le relative incomprensioni, chiusure, barriere. “Un concetto di ordine così formulato, come viene fuori dalla Teodicea, esclude ogni rigidezza e necessità e include la possibilità della libertà nel senso della scelta tra vari ordini possibili.” Scopo della metafisica ontologica di Leibniz era il conseguimento di una pace universale edificata sul sapere, sul riconoscimento della ragione come unica guida forte e potente (sia pur legata alla imperfezione umana) verso la liberazione del male dalla irrazionalità. Dio permette il male, dunque, ma non ne è responsabile poiché è nella ragione problematica umana che si realizza la soluzione “di riconoscere come norma della ragione, non la necessità geometrica, ma l’obbligazione morale”. Pertanto le profetiche quanto contemporanee esigenze progettuali che il filosofo Leibniz proponeva , quali ad es. una lingua e un’enciclopedia universali, riportano ad una visione di una umanità “globalizzata” sotto la riconciliazione ottenuta mediante il sapere ( quello che Kant definirà “Imperativo categorico”) e il senso di appartenenza del bene comune .” Per molte e buone ragioni vi è dunque la convinzione che l’ecumenismo religioso e l’attivismo morale leibniziano scaturiscano da un’attitudine all’ascolto dell’altro, dalla consapevolezza che gli uomini, per essere felici, devono giungere al razionale riconoscimento di una comune appartenenza all’universale regno divino.” Grazie, dunque, a Giuseppe Piluso per averci restituito la figura di Leibniz contemporanea e contestualizzata in una visione ottimistica dell’agire umano concepito quale “ipotesi” di una scelta etica tra le tante opzioni possibili di una vita liquida , come direbbe Z. Bauman. . Le Redenzione dipende , pertanto, da una volontà libera e consapevole e non stabilita da una necessità assoluta, che appartiene solo alla Verità eterna. Una sorta di “religione dell’umanità” che, conscia della inevitabilità delle sofferenze e dei dolori connaturati alla sua essenza/esistenza, diventi consapevole della intima forza posseduta e consistente nella capacità di poter e saper realizzare una pace duratura mediante la piena e definitiva fuor uscita dall’isolamento egoistico ed individuale, al fine di scoprire quella “armonia prestabilita” che rende evidente e chiara le relazione tra le parti ed il tutto.
Maria Sergio